Un’analisi recentemente pubblicata mette in luce come il gap di costo tra la produzione di moduli fotovoltaici in Europa e in Cina – oggi pari a circa il 40% – possa essere ridotto a meno del 10% con le giuste strategie politiche e industriali.
Secondo lo studio, l’Europa potrebbe arrivare a una capacità produttiva di 30 GW l’anno entro 5 anni, rafforzando la propria indipendenza tecnologica e creando migliaia di nuovi posti di lavoro qualificati.
Reshoring del fotovoltaico: un’opportunità per l’Europa
Il rientro delle attività manifatturiere nel Vecchio Continente è possibile, ma richiede una forte sinergia tra istituzioni e settore privato. Il rapporto commissionato da SolarPower Europe e sviluppato dal Fraunhofer ISE individua le principali voci di costo che oggi penalizzano la competitività europea, proponendo misure mirate per rilanciare la filiera in linea con gli obiettivi del Net-Zero Industry Act 2030.
Walburga Hemetsberger, CEO di SolarPower Europe, sottolinea: “Con politiche adeguate, l’Europa può raggiungere in tempi brevi 30 GW di produzione solare domestica, stimolando occupazione e innovazione, e mantenendo sul territorio il valore economico generato dalla transizione energetica”.
La leadership cinese nella supply chain globale
La Cina oggi domina l’intera catena del valore del fotovoltaico: produce la maggior parte del polisilicio, dei wafer, delle celle e dei moduli, controllando oltre l’80% della capacità produttiva mondiale.
Eppure, all’inizio degli anni 2000, l’industria era concentrata soprattutto in Germania, Giappone e Stati Uniti. Il sorpasso cinese è stato reso possibile da ingenti investimenti (oltre 50 miliardi di dollari dal 2011), politiche di protezione industriale e incentivi mirati che hanno portato alla creazione di più di 300.000 posti di lavoro nel settore manifatturiero solare.
L’impatto dell’overcapacity cinese
La recente sovrapproduzione di moduli in Cina ha determinato un drastico calo dei prezzi globali, che ha colpito non solo i produttori europei ma anche le stesse aziende cinesi, oggi alle prese con margini ridotti e perdite miliardarie.
La situazione in Europa
Oggi la capacità produttiva europea complessiva non supera i 10 GWp annui, con diversi stabilimenti ridimensionati o chiusi negli ultimi anni. Tuttavia, esistono già capacità inattive che, se riattivate e integrate con nuovi investimenti, potrebbero portare a un sistema produttivo in grado di raggiungere entro il 2030:
- 9 GWp di silicio policristallino,
- 10 GWp di ingot,
- 10 GWp di wafer,
- 27 GWp di celle,
- oltre 44 GWp di moduli fotovoltaici.
Differenze di costo: Europa vs Cina
Produrre un modulo in Europa costa oggi circa 10,3 centesimi di euro/Wp in più rispetto alla Cina. Il divario deriva principalmente da:
- costi di impianti e stabilimenti più alti (+110%),
- salari e oneri del lavoro significativamente superiori (+280%),
- attrezzature più care (+40%),
- utenze e materie prime più costose (fino al +60%).
Per il mercato utility, un sistema con moduli al 100% europei ha un costo stimato di 0,608 €/Wp, contro i 0,500 €/Wp del Made in China, con un LCOE più alto del 14,5%.
Come ridurre il gap
Secondo Fraunhofer ISE, il divario può scendere sotto il 10% grazie a un mix di politiche mirate che includano incentivi CAPEX e OPEX, sostegni legati all’output produttivo e impianti industriali di almeno 5 GWp di scala.
Gli investimenti necessari si stimano in 1,4-5,2 miliardi di euro annui, con un ritorno economico significativo: fino al 39% dei costi coperti da benefici macroeconomici, come nuove entrate fiscali e sociali e circa 2.700 nuovi posti di lavoro qualificati per ogni GWp/anno installato.
In sintesi: il futuro della manifattura solare europea è possibile. Con decisioni politiche coraggiose e investimenti mirati, l’Europa può recuperare competitività, ridurre la dipendenza dalla Cina e guidare la transizione energetica con una filiera solare resiliente e sostenibile.