Per raggiungere in tempo gli obiettivi di transizione energetica prefissati dall’Unione Europea non occorrono solo più rinnovabili ma anche, e soprattutto, meno burocrazia.
Sia l’Europea che il nostro Paese (con la nuova bozza del Piano Nazionale per l’energia e il clima, di fine 2023) continuano a spingere l’acceleratore sulla transizione energetica e sulla riduzione dell’uso di combustibili fossili. Il traguardo resta fissato per il 2030: entro quella data, di tutte l’energia elettrica consumata, almeno il 27% dovrà essere prodotta da fonti rinnovabili.
Rispetto a questo obiettivo l’Italia è ancora indietro. Mentre gli operatori del settore stanno al passo, con tecnologie all’avanguardia e ricerca e sviluppo continue, c’è un fattore che continua a frenare la transizione ed è legato alla burocrazia. Nonostante si siano fatti alcuni passi in avanti in questo senso, e nonostante alcuni incentivi siano stati messi a disposizione degli investitori, degli imprenditori e dei cittadini, un rapporto del Politecnico di Milano che risale a fine 2023 afferma che manca ancora un quadro normativo completo e chiaro, e mancano ancora risorse ed incentivi mirati.
I limiti della burocrazia
Per capire come i limiti della burocrazia stiano rallentando la trasformazione dell’Italia in termini di produzione di energia, il rapporto redatto dal Energy&Strategy Group del Politecnico di MIlano fa alcuni esempi concreti. Analizziamone alcuni.
1 L’autoconsumo collettivo
Il TIAD (Testo integrato per l’autoconsumo diffuso – allegato alla delibera 727/2022/R/eel dell’ARERA (Autorità per la Regolazione per Energia Reti e Ambiente) – regola il meccanismo di funzionamento dei contributi dedicati all’energia autoconsumata.
Ad oggi, tuttavia, restiamo ancora in attesa della definizione di alcuni aspetti che non sono di secondaria importanza, come quello che riguarda strettamente gli incentivi. A restare incompleta è la normativa sulle Comunità Energetiche, in particolare per quanto riguarda il decreto Mase che definisce, appunto, i meccanismi di incentivazione.
L’incertezza che riguarda l’accesso ai contributi economici ha creato una situazione di stallo. Non sorprende, quindi, che le iniziative nel settore dell’autoconsumo collettivo siano molto inferiori alle stime attese. La distribuzione dei progetti realizzata, inoltre, risulta molto eterogenea:
- La maggior parte dei progetti è stata realizzata nel Nord Italia e promossa da iniziative dei Comuni finanziate attraverso fondi nazionali ed europei;
- La maggior parte delle comunità energetiche finora realizzate è formata da utenti residenziali. Le Piccole e Medie Imprese non risultano ancora coinvolte in maniera diffusa. Lo scarso coinvolgimento delle PMI è da attribuirsi ad un altro stallo causato dalla burocrazia legato alle incertezze causate dal decreto MIlleproroghe.
2 Il Decreto Milleproroghe
Con il termine decreto Milleproroghe si fa riferimento a un decreto-legge che il governo emana, solitamente una volta all’anno, per rinviare scadenze o entrate in vigore di disposizioni che potrebbero danneggiare i cittadini o le imprese. Con un unico atto di affrontano una serie di termini che, altrimenti, dovrebbero essere trattati separatamente, e per questo prende il nome di Milleproroghe.
Nonostante l’esistenza di questo tipo di strumento è a favore dei cittadini e delle imprese che devono usufruire degli strumenti messi a disposizione dalle istituzioni, il Decreto Milleproroghe lascia i cittadini e i possibili investitori in una situazione di incertezza in cui la possibilità di accedere agli incentivi viene rimandata, oppure in cui vengono postposti i termini ultimi di chiusura dei lavori. Resta il fatto che, in mancanza di un riferimento definitivo e certo, gli utenti – cittadini o imprenditori – sono restii all’investimento. Incentivare gli investimenti nelle energie rinnovabili è, invece, la via principale per raggiungere gli obiettivi europei fissati per il 2030.
3 Le procedure autorizzative
Dal 2022, gli impianti fotovoltaici residenziali non necessitano più di ottenere un’approvazione ufficiale prima di procedere con i lavori. Adesso, l’installazione di pannelli fotovoltaici rientra nei cosiddetti “lavori di edilizia libera” i quali, appunto, non necessitano di nessun tipo di approvazione o autorizzazione.
Esistono, tuttavia, delle eccezioni. Ad esempio, se l’impianto è di grandi dimensioni (come quello necessario ad alimentare una comunità energetica) o se l’impianto è installato su edifici situati in aree di interesse paesaggistico, l’autorizzazione deve essere richiesta presso gli uffici competenti. Questi processi autorizzativi procedono a rilento.
Secondo un report di Legambiente che risale a febbraio 2023, 1364 impianti rinnovabili erano bloccati in fase di valutazione. Per quanto riguarda i progetti di grandi dimensioni, la normativa indica che il procedimento autorizzativo dovrebbe durare un massimo di 220 giorni per il VIA (Valutazione dell’impatto ambientale) e 245 per il PAUR (Progetto Autorizzatorio Unico Regionale). Nonostante questo, a febbraio 2023, alcuni dei progetti che erano in fase di valutazione erano stato proposti nel 2021 e addirittura nel 2020.
4 L’effetto Nimby
Nimby è un anagramma che sta per: Not in my Backyard, ovvero, Non nel mio giardino. Quando riferito alle energie rinnovabili, indica la tendenza di alcuni soggetti a non volere impianti fotovoltaici installati nelle vicinanze della propria abitazione, della propria attività commerciale, o che in generale a preferire che essi restino lontani dalla propria vista.
Piuttosto che una problematica di tipo sociale, l’effetto Nimby si concretizza purtroppo anche in una vera e propria ostilità da parte delle amministrazioni locali all’installazione di impianti fotovoltaici nelle proprie aree di competenza.
Il report Legambiente sopracitato ha evidenziato come la regione Puglia sia tra le prime in termini di nuova potenza installata ma è anche tra le peggiori in termini di tempistiche per l’autorizzazione. Sembra che le autorità locali si oppongano all’installazione di nuove rinnovabili, a volte, per guadagnare il consenso degli elettori scettici, ma anche – talvolta – a causa di mancanza di normative adeguate.
Conclusione
In conclusione, per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di transizione energetica stabiliti dall’Unione Europea entro il 2030, è fondamentale superare gli ostacoli della burocrazia che attualmente rallentano il progresso in Italia. Sebbene siano stati predisposti alcuni incentivi, la mancanza di un quadro normativo chiaro e completo, insieme alla lentezza delle procedure autorizzative e alla resistenza delle amministrazioni locali, impediscono un rapido sviluppo delle fonti rinnovabili. È essenziale semplificare le procedure, chiarire le normative e incoraggiare gli investimenti per garantire una transizione energetica efficace e tempestiva, contribuendo così a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e riduzione delle emissioni di carbonio a livello nazionale e europeo.