Dal 2021 a oggi la Campania ha compiuto un passo decisivo nella crescita delle energie rinnovabili. Alla fine di ottobre 2025 la potenza installata ha raggiunto 1.317 MW, superando di due mesi il traguardo fissato dal decreto sulle aree idonee per il quinquennio (1.297 MW) e coprendo già un terzo del target previsto al 2030, pari a 3.976 MW.
A fornire i numeri è stata Simona Brancaccio, direttrice generale dell’Ufficio speciale “Valutazioni ambientali” della Regione Campania, durante un workshop ospitato negli uffici della Giunta regionale a Napoli.
Il “modello Campania” e il ruolo delle valutazioni ambientali
Secondo Brancaccio, questi risultati sono la prova di un sistema autorizzativo che in Campania procede con efficienza e tempistiche certe, tanto da essere considerato un esempio positivo per il resto d’Italia. Nel solo 2024, a fronte di un obiettivo annuo pari a 909 MW, sono stati rilasciati pareri favorevoli su impianti per 993,07 MW. Non tutti gli impianti entreranno immediatamente in funzione, ma il dato conferma la forte accelerazione degli ultimi anni.
Dal 2020, inoltre, tramite il PAUR (Provvedimento autorizzativo unico regionale) sono stati approvati progetti per 1.148 MW, di cui 628 MW eolici e 519 MW fotovoltaici.
“La sfida – ha sottolineato Brancaccio – è aver trasformato la percezione delle valutazioni ambientali: da vincolo formale a vero strumento di governance. Con la pressione delle attuali emergenze energetiche e climatiche, le valutazioni non devono essere considerate un passaggio burocratico, ma un elemento che guida scelte strategiche”.
Non sono mancate, però, osservazioni critiche. I recenti decreti del 21 e del 26 novembre 2025 (aree idonee e correttivo al Testo unico sulle rinnovabili) secondo la dirigente non darebbero una direzione sufficientemente chiara e rischierebbero di frenare gli investimenti, andando contro il principio – ormai consolidato – della necessaria diffusione delle fonti rinnovabili.
Legambiente: “Risultati importanti, da replicare altrove”
Alla discussione è intervenuta anche Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania, che ha riconosciuto il valore del lavoro regionale: “I numeri parlano da soli. Siamo felici di poter raccontare una realtà che sta funzionando. Abbiamo chiesto alle altre regioni di replicare il modello campano”.
Imparato ha tuttavia ricordato che per mantenere queste performance sarà necessario rafforzare il personale dedicato.
Il nodo della tutela paesaggistica
Un altro tema centrale è stato quello del rapporto tra sviluppo delle rinnovabili e tutela del patrimonio culturale e paesaggistico.
Wladimiro Troise Mangoni, professore ordinario di Diritto dell’ambiente all’Università degli Studi di Milano Statale, ha illustrato come la giurisprudenza amministrativa stia evolvendo verso un approccio più equilibrato: non può esistere un divieto assoluto alle installazioni Fer se non è proporzionato e motivato.
Il professore ha richiamato la sentenza n. 8167 del Consiglio di Stato (23 settembre 2022), relativa al caso dei generatori eolici in Molise contestati dalla Soprintendenza per il possibile impatto visivo su un sistema di croci votive. Il Consiglio di Stato riconobbe che ambiente, energia e patrimonio culturale godono tutti di tutela costituzionale e nessuno può prevalere automaticamente sugli altri.
Da questa pronuncia, secondo Troise Mangoni, discende un principio essenziale: le Soprintendenze possono e devono tutelare i beni culturali, ma non possono impedire in modo aprioristico qualunque trasformazione del territorio, soprattutto quando in gioco ci sono obiettivi di interesse pubblico come la transizione energetica.
“La tutela ambientale – ha concluso – è ormai un valore trasversale da considerare in ogni decisione”.


