Corti circuiti tra regioni, comuni e Stato centrale in materia di energie rinnovabili
Quando si fa il punto su quali siano le aree di intervento per accelerare la transizione energetica del nostro paese c’è un elemento che, nel dibattito, viene spesso trascurato: si parla di investimenti, ricerca e sviluppo, informazione, ma non si parla mai abbastanza di burocrazia. E quando se ne parla ci si riferisce per lo più alle procedure autorizzative le quali, com’è ovvio, devono necessariamente essere snellite.
Ma, in riferimento alle procedure autorizzative la burocrazia, a ben guardare, è stata snellita: dal 2022, ad esempio, l’installazione di impianti fotovoltaici sulle abitazioni rientra negli interventi di “edilizia libera” e non hanno bisogno di alcuna autorizzazione a procedere.
Il problema è che la burocrazia non è fatta solo di autorizzazioni ad effettuare i lavori. La burocrazia riguarda anche tutto l’impianto legislativo a monte della materia il quale, per quanto riguarda le energie rinnovabili, è così complesso da causare un rallentamento della transizione ecologica e un vero e proprio corto circuito di responsabilità.
Da dove nasce questa complessità? Le ragioni possono essere molteplici ma alla base vi è la ripartizione delle competenze che, in molti casi, risulta troppo articolata. Prima di analizzare in che modo questa ripartizione rallenta la trasformazione energetica, capiamo come sono divise le competenze tra stato e regioni in materia di energie rinnovabili.
Competenze in materia di energia e di energie rinnovabili tra stato e regioni
L’assetto normativo di riferimento si articola in una serie di fonti sovranazionali, nazionali e locali, in riferimento alle quali le competenze in materia di energia possono essere così riassunte:
- Lo Stato emana le leggi e i regolamenti nelle materie di sua competenza esclusiva. Inoltre, si interfaccia con gli organi sovranazionali (Unione Europea) assumendo impegni e rappresentando gli interessi del Paese di fronte alla comunità internazionale.
- Le Regioni possono regolamentare nelle materie che non sono di competenza esclusiva dello Stato. In materia di energia, le Regioni hanno la potestà legislativa in materia di produzione, trasporto e distribuzione dell’energia.
- Province e Comuni possono regolamentare l’organizzazione e l’amministrazione delle materie competenti, le quali sono attribuite dalle Regioni di appartenenza.
Sia lo Stato che le Regioni sono inoltre tenute a legiferare nel rispetto della Costituzione, dell’Ordinamento Unionale, e degli obblighi internazionali.
Proprio da questa divisione di competenze e responsabilità nasce un corto circuito che non contribuisce alla trasformazione energetica del Paese.
Il corto circuito tra Stato e Regioni
Le responsabilità
Con le competenze in materia di energia così distribuite, si è creato uno scenario del genere: lo Stato si interfaccia con l’Unione Europea e assume impegni in materia di energie rinnovabili che sono anche molto ambiziosi. Dopodiché, sono le Regioni a dover legiferare e mettere in pratica i decreti attuativi attraverso i quali la produzione e l’utilizzo di energia pulita può essere di fatto incentivata.
Di chi è la responsabilità quando gli impegni non vengono rispettati? Quando – come sembra stia avvenendo – la trasformazione energetica procede a rilento rispetto agli obiettivi fissati dall’Unione Europea? Non delle Regioni, che non sono quelle che si sono assunte l’impegno di fronte all’Unione Europea. Non dello Stato, che non è responsabile della produzione e della distribuzione di energia a livello locale. Si evidenzia così il corto circuito di responsabilità a cui abbiamo accennato in apertura di articolo.
Il problema delle Aree Idonee
Il tema delle aree idonee è esemplificativo di come una legislatura così articolata in materia faccia più male che bene allo sviluppo delle rinnovabili.
Le aree idonee sono, molto semplicemente, i siti sui quali è possibile installare impianti fotovoltaici. Chi stabilisce quali sono le aree idonee? Di fatto, a stabilirlo sono le Regioni, ma non possono farlo in piena autonomia. Lo Stato deve prima fornire, attraverso appositi decreti, le linee guida che servono alle Regioni per individuare quali sono le aree idonee nella zona geografica di appartenenza. Sulla base di queste linee guida, le Regioni possono individuare le aree idonee e dare così il via all’installazione di impianti elettrici fotovoltaici, ma non prima che il decreto che stabilisce le linee guida sia stato proposto dallo Stato e successivamente approvato dalla Conferenza Stato Regioni.
Come si evince, i passaggi sono molteplici: non sorprende che, proprio negli ultimi mesi, abbiamo sentito parlare di seconda bozza di decreto contenente le linee guida per le aree idonee: è la seconda volta, cioè, che le linee guida vengono proposte alla Conferenza Stato Regioni e che siano al vaglio per essere approvate.
Nel frattempo, i mesi sono passati e decine di impianti fotovoltaici non sono stati installati perché la normativa riguardo le aree idonee non è ancora definitiva.
Le difficoltà per le imprese su scala nazionale
La divisione di competenze tra Stato e Regioni rallenta il passaggio all’energia pulita anche a causa di un altro aspetto. Molte imprese italiane, infatti, operano su scala nazionale. Per loro, la burocrazia non solo è complessa ma i riferimenti sono anche frammentati.
Ad esempio, un’impresa potrebbe trovarsi a fare i conti con una regione dove la Valutazione di Impatto Ambientale è d competenza della Provincia e l’Autorizzazione Unica di competenza della Regione. Ma la situazione è ancora più paradossale, perché se l’impresa ha una dimensione sovraregionale o nazionale, potrebbe addirittura trovarsi ad operare in regioni in cui la V.I.A. è di competenza provinciale l’AU è di competenza regionale e regioni in cui è l’esatto opposto.
Complessità come quella appena descritta, che rallentano una corsa alla trasformazione energetica (visti gli obiettivi posti a livello europeo) appaiono del tutto inutili.
Conclusione
In questo intricato labirinto normativo e burocratico, le imprese si trovano a navigare tra ostacoli che non hanno ragione di essere. La complessità burocratica sembra nascere a monte, dalla divisione di competenze tra Regioni e Stato che non è sempre coerente e che genera dei veri e propri corti circuiti di responsabilità. È fondamentale promuovere un’armonizzazione delle normative e una maggiore coerenza tra le varie regioni per evitare che il tessuto imprenditoriale cada vittima di questo caos normativo. Seppure una ripartizione di competenze debba esistere, e sebbene la gerarchia tra Stato e Regioni sia necessaria e imprescindibile, è cruciale che le istituzioni collaborino attivamente per superare queste disfunzioni. Solo attraverso un coordinamento sinergico si potrà eliminare uno dei principali ostacoli alla celere trasformazione energetica del paese.