
L’inflazione frena la transizione energetica anche negli Stati Uniti
In Italia stiamo chiedendo che le tariffe degli incentivi alla sostenibilità siano ricalcolate tenendo conto dell’inflazione la quale, facendo aumentare i tassi di interesse e i costi industriali, frena gli investimenti nel settore. La stessa cosa sta accadendo negli Stati Uniti dove si fatica, almeno per il momento, a stare al passo con gli obiettivi che l’amministrazione Biden ha fissato per il 2030, specialmente per quando riguarda il settore dell’eolico offshore.
Gli obiettivi dell’amministrazione Biden
Gli impianti eolici offshore sono costituiti da turbine eoliche poste in mare aperto, ad una distanza minima di svariate miglia dalla linea di costa. I parchi eolici offshore sono una grande risorsa perché permettono di sfruttare un’area significativa destinata alla generazione di elettricità pulita che si aggiunge a quella disponibile sulla terra ferma.
L’obiettivo dell’amministrazione Biden per quanto riguarda il settore dell’eolico offshore è a dir poco ambizioso: 30 gigawatt di energia eolica offshore entro il 2030, una quantità di energia elettrica prodotta pari a ben 9 reattori nucleari, e che sarebbe sufficiente ad alimentare con energia pulita ben 10 milioni di abitazioni.
L’obiettivo risulta ancor più ambizioso se teniamo conto del punto di partenza, che è praticamente nullo. Gli impianti in grado di sviluppare 30 gigawatt di potenza sono tutti ancora da costruire.
I progetti in crisi
Gli obiettivi del governo americano si stanno scontrando con alcuni ostacoli che sono in parte burocratici ma, per la maggior parte, tutti legati all’aumento dei costi dovuti all’inflazione: l’aumento dei tassi di interesse che frena i finanziamenti, l’impennata dei costi delle materie prime, e l’aumento dei costi di produzione. Tutti questi fattori messi insieme fanno sì che il costo dei progetti stia raggiungendo vette che non sono sostenibili per i produttori di impianti che sono per la maggior parte europei e che si stanno, ad uno ad uno, tirando indietro.
Iberdrola, un’azienda spagnola specializzata nella produzione e distribuzione di energia elettrica e gas naturale, ha pagato una penale di 60 milioni di dollari pur di ritirarsi da due accordi per la produzione di energia eolica nel Massachusset. Equinor, un’azienda norvegese, e BP, un’azienda britannica, hanno chiesto una rinegoziazione dei prezzi dell’elettricità per i tre progetti che stanno portando avanti al largo delle coste di New York. Orsted, una multinazionale danese, ha annunciato una perdita potenziale di 2,34 miliardi di dollari sui suoi progetti americani (metà del suo investimento iniziale) ed ha perso un quarto del suo valore in borsa a seguito di questa dichiarazione.
Per due progetti al largo delle coste del Texas, addirittura, non sono stati trovati acquirenti, mentre per un altro progetto in Louisiana si è presentato un solo competitor.
Le richieste dei Governatori
I Governatori dei sei Stati costieri interessati ai progetti sull’eolico offshore, e in particolare New York e Massachusetts, si sono rivolti alla Casa Bianca esponendo il problema e chiedendo interventi. Come si legge nelle loro dichiarazioni, senza un intervento a livello federale, a causa dell’inflazione e dell’aumento dei costi “la diffusione dell’eolico offshore negli Stati Uniti rischia di arrestarsi”.
Un po’ come avviene in Italia, le richieste di produttori e Governatori sono di due tipi:
- da una parte si chiede di snellire la burocrazia, in modo da accelerare i processi autorizzativi e sveltire i processi di installazione e, di conseguenza, il ritorno degli investimenti;
- dall’altra, si chiedono sovvenzioni. Negli Stati Uniti in particolare si richiede che venga esteso l’IRA, Inflation Reduction Act, il programma federale che fornisce sovvenzioni per l’energia sostenibili. L’estensione dell’IRA permetterebbe di coprire il 50% del costo dei progetti, andando a tamponare l’aumento dei costi per l’installazione degli impianti che è stato calcolato essere dell’ordine del 50%.
Conseguenze sul mercato azionario
Il mercato azionario ha risentito della perdita di redditività dei progetti. L’indice ICLN dei titoli delle energie rinnovabili ha perso il 30% dall’inizio del 2023, e il 60% rispetto al picco raggiunto solo due anni fa, nel 2021.
La principale società di energia elettrica rinnovabile della Florida, Nextera, ha perso un terzo del suo valore in borsa solo dalla fine di luglio; una perdita stimata di 50 miliardi di dollari.
La crisi non colpisce soltanto i grandi produttori e distributori di energia, ma anche le aziende che si occupano di fornire soluzione domestiche per la produzione e l’accumulo di energia solare. L’inflazione, e il conseguente aumento dei costi, rallenta anche questo aspetto del mercato, ovvero la capacità dei singoli cittadini di munirsi di soluzioni energetiche domestiche sostenibili.
Enphase e SolarEdge, due aziende che in America si forniscono soluzioni tecnologiche per la fornitura domestica di energia solare, hanno perso un terzo del loro valore.
Freni burocratici
Come abbiamo accennato, i Governatori degli Stati Americani non chiedono solo fondi e sovvenzione ma anche cambiamenti a livello burocratico. Oltre all’inflazione, infatti, alcune leggi americane stanno mettendo i bastoni tra le ruote alla costruzione di impianti eolici offshore.
L’ostacolo più grosso è quello costituito da una legge americana che impone che le navi impegnate nella navigazione costiera – e quindi anche quelle che dovrebbero essere impegnate nell’installazione delle turbine eoliche al largo delle coste – battano bandiera americana, siano costruite negli Stati Uniti, e abbiano un equipaggio americano. Il problema non è solo che, come abbiamo visto, le principali partnership per la realizzazione degli impianti sono state strette con aziende europee, ma anche che, attualmente, gli Stati Uniti non hanno nessuna nave che corrisponde alle caratteristiche. Alcune navi sono in costruzione e la prima dovrebbe lasciare i cantieri solo nel 2024.
Quella che abbiamo appena descritto è una grave contraddizione in un paese che si è posto come obiettivo la costruzione di impianti eolici offshore in grado di produrre 30 gigawatt di energia entro il 2030.
Conclusioni
In Italia come negli Stati Uniti, l’inflazione sta rivelando un ostacolo significativo per il settore dell’eolico offshore e per il mercato delle energie rinnovabili in generale. Le sfide legate all’inflazione e alla burocrazia richiedono soluzioni immediate per raggiungere gli obiettivi di transizione energetica e sostenibilità.