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È la fotosintesi o il ricorso a fonti di energia rinnovabili la soluzione più efficace per abbassare le emissioni di CO2? Un’analisi del Waizmann Institute Science ha fornito una risposta definitiva.

Nell’ambito della lotta al cambiamento climatico c’è una partita in corso tra coloro che ritengono che la soluzione sia il passaggio a fonti di energia rinnovabile e chi ritiene che sia la natura, con i processi di fotosintesi, a offrire la migliore soluzione per abbassare i livelli di CO2 nell’atmosfera.

Anche se le due fazioni non devono per forza essere opposte, una ricerca apparsa su PNAS Nexus ha cercato di capire, dati empirici alla mano, quale delle due soluzioni sia effettivamente la più efficace.

Il punto di vista dei biofili

Il termine “biofilo” è stato coniato da un famoso biologo statunitense, Edward Osborne Wilson, per indicare quanto l’essere umano amasse e avesse bisogno della natura e del contatto con essa per stare bene. Qui useremo questo termine in maniera leggermente impropria per indicare la “fazione” che, nel dibattito sul clima, ritiene che sia proprio la natura a fornire la soluzione più efficace. È un dato di fatto, dopotutto, che i vegetali, tramite i processi di fotosintesi, siano in grado di rimuovere CO2 dall’atmosfera e immagazzinarla nella materia organica, togliendola così dalla circolazione per secoli.

Secondo i biofili, la soluzione al cambiamento climatico non è l’installazione di nuovi impianti che, per quanto  possano essere sostenibili, hanno comunque un impatto ambientale, ma porre un freno alle deforestazione da una parte, e iniziare un processo di rimboschimento dall’altra.

A sostegno della propria tesi, i biofili fanno riferimento alla PEG, la Piccola Era Glaciale. Si tratta di un periodo che va dal XV al XIX secolo in cui si registrò un significativo abbassamento della temperatura media terrestre. La causa della PEG è fatta risalire alla conquista dell’America del Sud da parti degli Europei: lo spopolamento di quel continente provocò un rimboschimento spontaneo che rimosse tanta CO2 dall’atmosfera da determinare un cambiamento climatico durato fino a quando l’attività umana non ha invertito la tendenza.

Il punto di vista dei tecnofili

Il punto di vista dei tecnofili è totalmente opposto. Secondo loro, il problema va eliminato alla radice, togliendo di mezzo le fonti che stanno immettendo quantità spropositate di CO2 nell’atmosfera, ovvero l’utilizzo di combustibili fossili.

Eliminare i combustibili fossili significa adottare tecnologie alternative per la produzione dell’energia: ecco quindi che, da questo punto di vista, la soluzione al cambiamento climatico è da ricercare nel passaggio a fonti di energia rinnovabile, tra le quali quella solare appare come la più accessibile globalmente.

Due strategie per la stessa soluzione

I due punti di vista non si escludono a vicenda: sono parte della stessa soluzione.

Il rimboschimento appare come la soluzione più naturale ed è anche l’unica a impatto ambientale positivo: le foreste costano meno di una centrale solare, non hanno bisogno di manutenzione e ospitano biodiversità. E’ anche vero, però, che richiedono risorse, quali spazio e acqua, e che – soprattutto – hanno bisogno di anni per crescere e diventare efficaci nel prelevare grosse quantità di CO2 dall’atmosfera, mentre quella climatica è un’emergenza e, come tale, necessita di soluzioni rapidamente efficaci.

D’altra parte, impianti fotovoltaici e eolici iniziano a funzionare subito e possono sostituire le fonti di energia da combustibili fossili. Tuttavia, anche impianti solari ed eolici necessitano di molto spazio e, soprattutto, hanno un impatto ambientale.

Entrambe le soluzioni presentano quindi pro e contro e si configurano come due strategie da usare in modo complementare per ottenere un risultato incisivo sulla quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera.

Ma se, con una data quantità di spazio a disposizione, si dovesse scegliere se fosse più conveniente, in termini di effetti positivi sul cambiamento climatico, installare pannelli fotovoltaici o procedere alla semina di una nuova foresta? La ricerca del team israeliano ci fornisce una risposta definitiva.

L’analisi del team del Weizmann Institute Science, in Israele.

L’analisi proposta dai biologi israeliani è stata molto approfondita e ha tenuto in considerazione sia il bilancio di CO2 sia l’effetto sulla temperatura terrestre causato del riscaldamento di pannelli da una parte e foglie dall’altra.

Bilancio di CO2

Per quanto riguarda l’impatto sulle emissioni di CO2, l’analisi ha messo a confronto la quantità di CO2 liberata nei processi di realizzazione di impianti solari e la prevedibile produzione di elettricità che andrebbe a sostituire quella proveniente da fonti fossili. I dati presi in considerazione sono del tutto empirici e provengono da osservazioni fatte presso un impianto solare da 4,9 MW situato nel deserto del Neger.

Parallelamente, è stata compiuto lo stesso tipo di raccolta dati presso la foresta nella riserva di Yatir, a Nord del Neger, su una superficie di eguale ampiezza. La quantità di CO2 emessa durante il processo di preparazione del terreno e semina è stata messa a confronto con quella che la foresta assorbirà nel corso della sua vita.

Riscaldamento delle superfici scure

Mentre sottraggono CO2 dall’atmosfera, sia i pannelli solari che le piante riscaldano il pianeta. Ma in che senso? Sia i pannelli sia le foglie assorbono solo parte della luce che li colpisce: una percentuale, scaldando i pannelli e la foglie, si trasforma in radiazione infrarossa (calore) che viene emessa nell’atmosfera. Ecco perché, oltre che tenere conto di quanta CO2 entrambi i sistemi riescono a rimuovere dall’atmosfera (a fronte di quanta ne emettono) è importante tenere conto anche di quanto contribuiscono a scaldarla.

Il verdetto finale

A parità di superficie: è la foresta ad emettere maggiore radiazione infrarossa.

Inoltre, per quanto riguarda il bilancio di CO2, la vittoria dei pannelli è schiacciante: una foresta assorbe  0,15 kg di CO2 per metro quadro di superficie, mentre un metro quadro di pannelli solari evita l’aggiunta di 15 kg di CO2 fossile in atmosfera.

I sistemi fotovoltaici risultano quindi 100 volte più efficienti del sistema foresta sempre che, man mano che si installino pannelli solari, le centrali a combustibile fossile vengano dismesse.

Il rimboschimento è sicuramente una strategia importante per il raffreddamento estivo del suolo e la biodiversità, ma non sarebbe efficace utilizzarlo come strategia per combattere il cambiamento climatico in tempi utili.

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