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Per il 2030, l’Europa ha imposto il raggiungimento di un obiettivo molto ambizioso per quanto riguarda le rinnovabili: 80 GW di energia da fonti rinnovabili, pari a un 80% di rinnovabili sul totale dell’energia distribuita nel Paese.

Per il momento, la transizione ecologica non sta procedendo a un ritmo tale da poter raggiungere tali obiettivi. Quali sono le motivazioni?

Secondo Elettricità Futura, il problema è a monte: le stesse leggi che dovrebbero incentivare lo sviluppo delle rinnovabili individuano parametri che, in realtà, rallentano gli investimenti.

Le osservazioni di Elettricità Futura

Elettricità Futura è un’associazione della filiera industriale italiana dell’energia elettrica che rappresenta oltre il 70% del mercato italiano. Si occupa di promuovere lo sviluppo nel settore elettrico nella direzione della transizione energetica e ne fanno parte aziende di ogni dimensione che sono attive, in Italia, nel settore della produzione e distribuzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

A settembre 2023 Elettricità Futura è stata interpellata direttamente dal MASE, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza, che ha richiesto una Consultazione sulla regolamentazione della promozione degli impianti a fonti rinnovabili e rispetto alla quale l’Associazione ha trasmesso le proprie osservazioni. In altre parole, il Governo ha richiesto a Elettricità Futura una consultazione su quali logiche adottare nella stesura dei futuri decreti che regolamenteranno gli incentivi per gli impianti a fonti rinnovabili.

Nelle sue osservazioni, uno dei principali punti evidenziati da Elettricità Futura è stato la necessità di adeguare le tariffe all’inflazione. I costi per le imprese del settore delle rinnovabili (spese per la logistica, costo delle materie prime, i tassi di interesse) hanno tutti registrato un forte aumento a causa dell’inflazione: è necessario, quindi, che le tariffe individuate nei futuri bandi siano adattate di conseguenza, come – peraltro – è già avvenuto in altri Paesi Europei.

La proposta è stata accolta dal MASE, ma Elettricità Futura continua ad individuare delle lacune. 

  1. Le aste

Il meccanismo delle aste competitive per le rinnovabili è nato per favorire lo sviluppo di nuovi impianti rinnovabili e attuare investimenti. Al momento, però, vengono esclusi dalle aste gli impianti fotovoltaici nelle aree agricole non utilizzate. Questa limitazione frena gli operatori a partecipare alle aste e, di conseguenza, riduce gli investimenti e rallenta la transizione ecologica del Paese.

  1. Aree Idonee

Un problema collegato a quello delle aste è quello che riguarda le aree idonee. Le “aree idonee” sono aree, individuate con Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, che sono idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili.

Il problema identificato dall’Associazione non è tanto nell’individuazione delle aree ma nelle tempistiche di realizzazione di un impianto in un’area idonea. Secondo l’Associazione, l’identificazione delle aree idonee dovrebbe rispondere alla necessità di velocizzare la realizzazione di nuovi impianti, accelerando così la diffusione delle rinnovabili. Nelle sue osservazioni, Elettricità Futura ha comunicato al MISE la necessità di ridurre queste tempistiche di almeno un terzo, ma ancora non sono stati riscontrati interventi che vanno in questa direzione.

  1. Limitazioni per l’energia eolica

Attualmente, per legge, le aree idonee all’installazione di un impianto per l’energia eolica sono quelle con una ventosità tale da garantire 2250 ore annue di producibilità. Nella bozza del nuovo decreto, la producibilità minima richiesta è stata abbassata a 2150, ma per Elettricità Futura questa modifica non risolve il problema.

In primo luogo, un abbassamento di sole 100 ore risulta irrisorio. In secondo luogo, la producibilità non appare un criterio per definire le aree idonee. 

Infatti, se il criterio resta la producibilità di almeno 2150 ore annue, per le sue caratteristiche geografiche, l’Italia rischia non poter installare quasi nessun impianto eolico.

C’è un altro parametro, poi, che limita l’installazione di impianti eolici in Italia. Il nuovo decreto prevede che la distanza minima tra i beni sottoposti a tutela e gli impianti eolici passi da 3 km a 7 km nel caso di beni culturali identificati come “di pregio”. Questa estensione renderebbe impossibile fare impianti eolici nella grande maggioranza delle regioni italiane.

  1. Percentuale di occupazione dei terreni agricoli

La percentuale di occupazione di un terreno agricolo identifica lo spazio entro il quale, all’interno di un terreno, si può costruire un impianto fotovoltaico. Attualmente, il limite di occupazione vige solo per le aree agricole utilizzate (per le aree agricole non utilizzate, non vi è limite di occupazione).

La bozza del decreto attuale limita la possibilità di installare pannelli fotovoltaici ad una superficie pari al 10% del terreno agricolo. E’ evidente che questo limite le possibilità degli operatori, costretti a installare impianti che potrebbero non coprire le esigenze energetiche degli utenti, o a rinunciare del tutto al passaggio all’energia solare.

Secondo Elettricità Futura, è giusto che i decreti individuino quali aree sono da considerare idonee all’installazione di impianti fotovoltaici, ma dovrebbero esimersi dall’imporre una percentuale entro la quale l’operatore possa utilizzare le aree idonee che ha a disposizione.

La transizione energetica è rallentata

Tutte le lacune evidenziate da Elettricità Future, se risolte, darebbero nuovo slancio al passaggio alle energie sostenibili, aiutando a raggiungere gli obiettivi individuati per il 2030: 80 GW di rinnovabili presenti sul territorio italiano.

Secondo i calcoli di Elettricità Futura, in merito al raggiungimento dei sopra citati obiettivi, l’Italia è già in ritardo: nel 2022 l’Italia ha realizzato solo 3 GW di rinnovabili, mentre per raggiungere l’obiettivo i GW annuali dovrebbero essere 12. 

Pare proprio che uno dei principali ostacoli alla transizione energetica del paese sia burocratico. Oltre alle lungaggini autorizzative che rallentano lo sviluppo delle energie sostenibili e scoraggiano gli investimenti, il limite principale risiede proprio nella legiferazione. Sono gli stessi decreti attuativi che pongono limiti e scoraggiano gli investimenti. 

Molti passi sono stati fatti per incentivare lo sviluppo delle energie rinnovabili, ma gli sforzi devono continuare, e devono partire proprio dall’apice.

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