Al Dhafra: il parco fotovoltaico più grande del mondo a 35 km da Abu Dhabi
Negli Emirati Arabi Uniti è stato inaugurato il parco fotovoltaico più grande del mondo. Conta 4 milioni di pannelli solari e ha potenziale da 2 Gigawatt.
A quanto pare, essere i più grandi esportatori di petrolio del mondo non impedisce agli Emirati Arabi Uniti di comprendere i rischi per l’ambiente e per la salute dei propri cittadini legati all’utilizzo di energia non rinnovabile. È così che, continuando a vendere all’estero combustibile fossile per alimentare centrali e motori inquinanti, internamente gli Emirati investono miliardi per l’energia rinnovabile. Entro il 2050, gli Emirati Arabi Uniti (la federazione di 7 emirati di cui Abu Dhabi è la capitale) puntano ad azzerare completamente le emissioni nette di carbonio.
In questa ottica si inserisce il progetto di Al Dhafra, un parco fotovoltaico di dimensioni enormi – circa 20 chilometri quadrati – che, quando sarà totalmente operativo, sarà in grado di coprire la metà del fabbisogno energetico di tutti e sette gli Emirati.
L’impianto solare più grande del mondo
Uno dei progetti più ambiziosi del mondo per quanto riguarda l’energia è diventato di fatto il parco fotovoltaico più grande del mondo: una superficie di 20 chilometri quadrati situata nel deserto a circa 35 chilometri dalla capitale ospita circa 4 milioni di pannelli solari bifacciali e rotanti (in grado, cioè, di mantenere l’esposizione al sole e l’inclinazione ottimale per tutte le ore di luce). I moduli solari, in particolare, sono quelli dell’azienda cinese Jinko Power che, nel gennaio 2020, hanno battuto il record mondiale di efficienza di conversione dei moduli solari bifacciali. Sono dotati di una lastra posteriore trasparente e di moduli provvisti di tecnologie proprietarie dell’azienda cinese.
L’efficienza dell’impianto sarà potenziata grazie alla presenza di impianti di accumulo: il progetto prevede di migliorare la capacità delle batterie (che attualmente è di 108 MW) che sono già in funzione in un sistema di stoccaggio di energia presso Abu Dhabi. Il numero e il tipo di pannelli impiegati, il sistema di stoccaggio potenziato, e la geolocalizzazione
eccellente dei moduli (clima ottimale e assenza di ombreggiamento artificiale) fanno si che Al Dhafra sia in grado di produrre fino a 2,1 Gigawatt di energia solare.
Oltre che fornire energia a circa 200.000 edifici tra abitazioni e attività commerciali, l’utilizzo dell’energia solare fornita dall’impianto eviterà di immettere nell’atmosfera 1,4 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.
La realizzazione di Al Dhafra è frutto di una collaborazione di aziende emiratine, francesi e cinesi. Il consorzio è infatti costituito al 60% da società emiratine, la Mascar e la Taqa, che sono di proprietà statale, e al 40% da una collaborazione tra Edf Renewable (francese) e Jinko Power Technology (cinese).
Il parco solare ha iniziato a produrre energia già dal 2020 ma è stato ufficialmente inaugurato a novembre 2023. Entro il 2050 sarà a pieno regime e in grado di fornire gli oltre 2 GW di energia pulita.
La tariffa record
Le dimensioni e l’efficienza del parco fotovoltaico Al Dhafra non sono le sole caratteristiche sorprendenti di questo progetto: anche il basso costo dell’energia da esso fornita stabilisce un record.
Nel 2020 il consorzio di aziende formato da Masdar e dai suoi partner aveva proposto un’offerta per cui il costo dell’energia solare fosse di 1,35 centesimi di dollaro per kwh, un prezzo mai visto per la fornitura di energia solare (basta pensare che nonostante il costo dell’energia elettrica solare sia sceso del 90% negli ultimi 10 anni, la tariffa media, in Italia, è di 16 centesimi di euro per kwh). Il progetto emiratino non solo ha mantenuto il costo basso come da proposta iniziale, ma è riuscito addirittura ad abbassarlo fino a 1,32 centesimi di dollaro per kwh.
L’impegno degli Emirati per la sostenibilità
Come accennato, gli Emirati Arabi Uniti partecipano molto attivamente alla transizione ecologica globale. Non a caso, la CoP28 (la 28a edizione della Conferenza Mondiale sul Clima) si terrà proprio negli Emirati, a Dubai.
Non è un caso che il parco Al Dhafra sia stato inaugurato proprio a ridosso dell’inaugurazione della conferenza, a sottolineare il ruolo centrale degli Emirati nella ricerca e negli investimenti sul rinnovabile. Gli Emirati sono stati i primi paesi del Medio Oriente a ratificare il trattato di Parigi sul cambiamento climatico nel 2016 a hanno lanciato la Energy Strategy (una strategia energetica unificata per ridurre la produzione di CO2) già nel 2017 con l’obiettivo di coprire, entro il 2050, metà dei fabbisogni energetici del paese con energia pulita. Il solare non è il solo ambito di investimento degli
Emirati; la Energy Strategy prevede infatti di raggiungere un “mix
energetico pulito” fatto di energia solare, energia nucleare e carbone pulito. Il governo ha lanciato enormi investimenti per raggiungere questi obiettivi: circa 180 miliardi di euro dal 2017 al 2050.
Oltre che su Al Dhafra, gli emirati hanno in corso anche altre iniziative ambiziose, tra le quali:
- Shame Dubai: un piano per la diffusione di fotovoltaico nella città di Dubai e che prevede l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti di tutti gli edifici entro il 2030.
- Masdar City: Masdar, la stessa società coinvolta nella realizzazione di Al Dhafra, sta costruendo a 15 km da Abu Dhabi un’area urbana già considerata tra quelle a più basso impatto energetico del mondo.
- Energia nucleare: dal 2017 gli Emirati hanno attivato un programma nucleare. Al momento il paese conta un solo reattore nucleare attivo (a Barakah) e ne sono in costruzione altri 3 nello stesso luogo.
Le contraddizioni
Gli Emirati Arabi Uniti sembrano uno dei passi che, nel mondo, si sta impegnando di più ad abbassare le emissioni di CO2 nell’atmosfera e dare così un freno al riscaldamento globale e alle sue conseguenze.
In realtà le intenzioni degli emirati non sono prive di contraddizioni. Mentre investono miliardi in progetti solari e nucleari, restano grandi estrattori di petrolio – un combustibile fossile non rinnovabile e inquinante in ogni fase del suo utilizzo, dall’estrazione al trasporto, fino all’utilizzo finale nell’alimentazione di motori e centrali. Non risultano neanche progetti in corso per ridurre le estrazioni di petrolio; anzi, Al Jaber, a capo della Abu Dhabi National Oil Company, la compagnia petrolifera nazionale, è stato nominato presidente della Conferenza
Mondiale sul Clima. Risulta difficile sperare che Al Jaber possa sostenere, in occasione della CoP28, accordi che vadano contro gli interessi delle compagnie petrolifere e verso una riduzione graduale degli investimenti sui combustibili fossili.
Conclusione
Il parco fotovoltaico più grande del mondo, rappresenta un passo significativo degli Emirati Arabi Uniti verso la sostenibilità energetica. Nonostante gli investimenti massicci in energie rinnovabili, però, le contraddizioni sorgono dall’importante ruolo dell’estrattore ed esportatore di petrolio del paese. La sfida che si presenta per gli Emirati in questo momento è come conciliare la transizione verde con le attività tradizionali legate ai combustibili fossili.